Emigrazione veneta in territorio pontino; 233 famiglie rodigine - itCrespino

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Emigrazione veneta in territorio pontino; 233 famiglie rodigine

Emigrazione veneta in territorio pontino e bonifica pontina - Latifondi coltivati

Emigrazione veneta in territorio pontino? Una storia lunga novant’anni. Si trattò allora di una migrazione interna; quella che negli anni ’30 del 900’, interessò migliaia di contadini veneti. In tanti, invogliati dall’idea di terre fertili da coltivare; lavorarono alle grandissime opere di bonifica del regime fascista nelle terre dell’Agro Pontino.

Emigrazione veneta in territorio pontino

Tanti veneti poi si stabilirono in quei territori; sottraendo con il duro lavoro la terra alle millenarie paludi. All’epoca si costruirono nuove città come Littoria; oggi Latina, ma anche Sabaudia, Pomezia ed altre. L’esperienza delle ricorrenti alluvioni venete; spinsero molte famiglie a cercare fortuna, verso la speranza di un lavoro e una nuova vita.

Emigrazione veneta in territorio pontino e bonifica pontina - Balle Di Fieno nell'agro pontino

Quindi, i veneti, non solo emigrarono all’estero; ma anche all’interno dei confini nazionali come pionieri. All’epoca, il regime fascista ebbe l’idea e mise in pratica; il progetto di regolare il flusso migratorio in area pontina. Si misero in cantiere grandi lavori pubblici e le bonifiche. Lo spostamento di migliaia di contadini da zone ad alta crescita demografica a terre quasi disabitate come quelle soggette a bonifica; servì anche ad arginare il fenomeno della migrazione nelle grandi città. Si crearono nuovi borghi e città interamente popolate da famiglie rurali; che portarono dei dialetti, tradizioni, che sopravvivono ancora.

Emigrazione veneta in territorio pontino e bonifica pontina

Ricordiamo quindi un’Italia rurale che rappresentava in qualche modo una prospettiva di vita semplice; sana e anche rassicurante. Ciò in un’Italia che andava conoscendo anche l’industrializzazione. Secondo le idee politiche che “correvano” all’epoca; era considerato utile anche cercare di eliminare “la schiavitù del pane straniero”. Bisognava avviare il Paese a una nuova politica agraria autonoma. Era opinione comune, cercare sempre più terreni a disposizione dell’agricoltura; per alimentare il paese.

Emigrazione veneta in territorio pontino e bonifica pontina - Cascine e un trattore

La cosiddetta “battaglia del grano” aveva bisogno di grandi latifondi da trasformare in zone produttive. La bonifica di questi vasti territori paludosi si rivelò utile; anche in lungimiranza. Le paludi erano infatti l’habitat ideale di una particolare zanzara del genere anopheles; che tramite la puntura trasmetteva un protozoo chiamato plasmodium. Esso era responsabile della malattia. Basti pensare che nel 1924 ben 4.040 italiani morirono di malaria. Fra i territori martoriati dalla malaria l’Agro Pontino era sicuramente il più esteso; che non scoraggiò i veneti.

Commissariato per la migrazione e la colonizzazione interna

Basti pensare che causa della malaria, per circa duemila anni, il territorio in questione; rimase quasi interamente disabitato. Nessuna strada lo percorreva. Ricordiamo che Goethe definì la zona il “pestilento stagno”. I contadini provenienti dal Veneto; andarono a sommarsi alla numerosa manodopera necessaria a questi lavori di scavo e prosciugamento delle paludi. Quindi, a partire dagli anni ’30, molti di loro, dopo un’accurata selezione, da parte del Commissariato per la migrazione e la colonizzazione interna; si trasferirono nei territori pontini per lavorare la terra. Da Treviso partirono 340 famiglie; provenienti da Udine 308; da Padova 276; inoltre da Rovigo 233; da Vicenza 228; 220 da Verona; 114 da Venezia; 29 da Belluno. Tante famiglie che scappavano dalle campagne venete dove decine di migliaia di ettari in pochi anni erano stati svenduti; da piccoli proprietari in difficoltà.

Da Rovigo 233 famiglie nell’agro pontino

Cosa non poco importante, è che ogni famiglia che intendeva emigrare; doveva poter contare su almeno quattro uomini. inoltre di due donne e un ex combattente. Così potevano ottenere una casa riscattabile in cinque anni, con tre camere da letto, il forno del pane; e il pollaio. Potevano avere anche una vasca per abbeverare il bestiame, attrezzi agricoli, un carro; e alcuni capi da allevare. Poter diventare proprietari di un pezzo di terra e di un’abitazione, non era poca cosa. Infine, le condizioni di vita che si presentavano non erano semplici. Il duro lavoro imposto e fare un salto nel vuoto non era poca cosa; ma i risultati del lavoro non si sono fatti attendere.

Emigrazione veneta in territorio pontino; 233 famiglie rodigine ultima modifica: 2020-06-09T09:00:48+02:00 da simona aiuti

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