Crespino e l’alluvione sono il ricordo di immagini in bianco e nero che trasudano dolore e pioggia. Era il 1951 quando la nostra città subì una grave sciagura, dalla quale faticò ad uscire; tuttavia la popolazione affrontò quei terribili giorni con grande coraggio e dignità. Era il 1951, un anno che grondava non solo pioggia, ma lacrime.
Crespino e l’alluvione
Tutto iniziò con nubi plumbee cariche di ciò che sarebbe accaduto a breve. Le nuvole gravide di scrosci incessanti, recavano giornate di fatica, fango e senso di smarrimento. Velocemente si ruppero le cataratte del cielo, e le piogge s’intensificarono proprio tra ottobre e novembre; inondando un grigio autunno. L’alluvione interessò tutto il Polesine e la l’intera popolazione subì un vero smarrimento.
Il Polesine è terra di grandi lavoratori della terra, ma quei terreni, ben presto, impregnati dalle acque, ad un certo punto si ritrovarono ad essere sopraffatti. Il livello dell’acqua saliva pericolosamente, così come nei secoli era accaduto altre volte; destino polesano! Era novembre, proprio come ora, e i fiumi ingrossati come vacche gravide, diventarono una minaccia ineluttabile. Sono passati circa settant’anni, tuttavia molti ricordano ancora quei giorni fatidici, tra il 6 al 12 novembre. Fu allora che gli scrosci di pioggia sferzante, cominciarono a schiaffeggiare cose e persone.
Alluvione in Polesine
Il Po, generalmente placido e foriero di lavoro e pace, straripò inesorabile. Fu come un effetto domino, perché tutti gli affluenti diedero al grande fiume la “mazzata dfinale”, riversando le acque copiose come un’onda nera di presagio funesto. Spirava un vento beffardo, lo Scirocco, e le acque incontrando anche quest’ostacolo, non potevano defluire nell’Adriatico. Le bonifiche molto labili e la manutenzione latitante degli argini, divenuti fragilissimi, fecero il resto. Una volta rotti gli argini, non si poté che cercare una via di fuga.
Occorse ben una settimana perché le acque raggiungessero il mare. Poi finalmente il livello delle acque lentamente iniziò a scendere. L’alluvione causò circa 100 morti e 180.000/190.000 sfollati. Molti si videro costretti ad emigrare nelle zone più settentrionali del paese. Si scelse per lo Milano, Torino o Bolzano, dove i meravigliosi panorami del delta del Po non ci sono e allora si faceva largo tanta nostalgia.
Crespino e l’alluvione nel Polesine in rinascita
Ancora oggi ben sappiamo come il dimezzamento della popolazione a causa dell’alluvione; ha certamente influenzato il futuro del nostro piccolo comune. Eppure Crespino, comune emiliano-romagnolo d’oltrepo’ oggi sembra risorto, e vive a nuova vita, grazie alla sua linfa. Oggi a Crespino c’è il “museo delle acque”, che non è solo il ricordo del ’51. Bensì aiuta a far conoscere come, un tempo il fiume rappresentava una risorsa per tantissimi nel Polesine. Il fiume era pieno di vita e offriva varie opportunità di lavoro.
L’alluvione del 1951 non insegna altro che una costante ed attenta cura del fiume aiuta a proteggere il territorio. Orbene, il museo raccoglie la storia della convivenza delle popolazioni con il Grande Fiume. Interessante la sezione dei mulini galleggianti e la raccolta degli strumenti di coloro che lavoravano con il fiume e per il fiume. Domenica 14 novembre c’è stata una delle manifestazioni commemorative, di cui in foto di copertina vediamo la locandina.
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