Crolla la produzione di mais, che non è affatto una buona notizia per l’agricoltura polesana. Si tratta di un cereale che è importantissimo per l’economia circolare.
Crolla la produzione di mais
Il mais serve per l’allevamento bovino, ma anche di molti altri animali, come maiali, polli, tacchini, oche e anatre. Comprarlo all’estero potrebbe diventare necessario ed essere un grosso problema. Talvolta non ci si sofferma a riflettere, ma tutta l’agricoltura italiana è interconnessa agli allevamenti e se questo equilibrio s’incrina, come sta accadendo, sono guai! Intanto la produzione di mais è scesa del 50%. Influiscono i cambiamenti climatici.
Il mais è alla base della dieta per gli allevamenti da latte e da carne che diventano “alimentazione” a sua volta delle famiglie italiane. Con le superfici impiegate così scese da 1,06 milioni di ettari nel 2000 a poco più di 500.000 ettari nel 2023 e la produzione è calata drammaticamente. Se poi riempire il carrello della spesa al supermercato diventa più complicato, anche per i costi, si comprende il perché.
Zootecnia italiana
Con un patrimonio zootecnico di 6 milioni di bovini e bufale, di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli, tacchini, anatre e oche, l’Italia non è più autosufficiente. Quello che manca, bisogna importarlo e c’è stato un aumento del +30% rispetto al 202. La situazione sta diventando sempre più critica. In più gli eventi geopolitici, come la guerra in Ucraina dalla quale nei primi sette mesi del 2023 abbiamo importato oltre 1,2 miliardi di chili di mais praticamente raddoppiati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Tutto questo mette a rischio non solo l’agricoltura, ma anche gli allevamenti e quello che finisce nei nostri frigoriferi. Noi dobbiamo sfamare circa 6 milioni di bovini e bufale, oltre 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli. A rischio c’è anche la produzione di eccellenze.
Prosciutto di Parma – San Daniele – Grana Padano – Parmigiano Reggiano
Parlo di prodotti come Prosciutto di Parma, San Daniele, Grana Padano, Parmigiano Reggiano vincolate a mangimi e foraggi del territorio. Ecco cosa vuol dire la carenza di mais scesa del 50%. Difendere la filiera del mais, significa difendere anche l’allevamento a tutto tondo. perché si tratta di un settore che conta un sistema ampio, fatto di animali, ambiente e soprattutto persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni, anche in aree difficili. I conflitti bellici, il cambiamento climatico e l’inquinamento fanno il resto.
Per non parlare poi delle grandi aree rurali abbandonate. Non bisogna mai dimenticare che la funzione ambientale della zootecnia, è parte dell’equilibrio. Senza allevamenti scompare il mais che è fissatore di carbonio in grado di “ripulire” l’aria ma anche in grado alla produzione di energia rinnovabile nell’ambito dell’economia circolare. Auspichiamo che il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida entri nel discorso per tutelare il settore.
Giovani agricoltori italiani – crolla la produzione di mais
Per recuperare le produzioni perdute, è necessario un intervento intensivo, fondamentali per aumentare il livello dell’offerta, caratterizzando e valorizzando qualitativamente il prodotto nazionale. La buona notizia è che in Italia sono quasi ventimila i giovani under 40 che hanno scelto di lavorare con gli animali. La zootecnia sta vivendo una riscoperta. I giovano portando innovazione, modernità e creatività in un settore determinante per l’economia, l’alimentazione e l’ambiente.