Vita rurale polesana, di cui resta memoria nelle grandi cucine di un tempo. In queste grandi cucine spartane, si svolgevano tantissime attività, ma tutto ruotava attorno a immensi camini. Quando faceva freddo il camino, quasi sempre di dimensioni notevoli era importantissimo.
Vita rurale polesana
Quelle case erano semplici, e ora tante sono state abbandonate, perché prive di comodità. E’ strano pensare che un tempo brulicavano di attività, e di bambini che sgattaiolavano per saltare nei fossi e acchiappare rane. Nelle grandi cucine dalle pareti spesso un po’ annerite, in questi camini quasi ci si entrava e non esagero.
Si scaldavano pentoloni d’acqua che poi si versavano nelle tinozze per lavarsi. Era più semplice con i bimbi e le tinozze si mettevano sui mattoni del camino stesso. C’erano i pavimenti in cotto, e oltre al fuoco sempre acceso, perché c’era qualcuna a cuocere, un braciere da riempire e un po’ di panni da asciugare. Serviva quindi un camino immenso, per queste e molte altre attività. Si badava al fuoco, perché almeno le braci dovevano sempre restare. Poi c’erano le seggiole che si mettevano a semicerchio, per scaldarsi, parlare e riposare un po’.
Focolare domestico
Quando era davvero freddo, c’era un lume, si pregava e si cercava di combattere l’umidità proprio con quei grandissimi camini. Il camino era anche una fonte luminosa, poiché il lume era ben poco e bisognava cucire. La macchina a pedale era ancora un lusso e pochissime donne l’avevano. Bisognava quindi rammendare continuamente, cucire e ricucire perché era necessario fare economia. Camini a parte, solo più tardi arrivarono le stufe economiche, che un po’ affiancarono i camini.
La funzione delle stufe era molto simile a quella del camino. Emanavano un grandissimo calore, servivano per cucinare vari cibi assieme, asciugare il bucato e c’era sempre bisogno di acqua da scaldare. Se non era necessario, si evitava di andare fuori a prendere umidità e infangarsi le scarpe. Poi però c’erano quei momenti, specie quando era bel tempo che si usciva anche per un certo richiamo.
Venditori ambulanti
Passavano i venditori ambulanti, che non solo in Polesine, ma un po’ in tutta Italia hanno fatto un gran lavoro. Paesi isolati e zone di montagna, accoglievano come una mano santa questi uomini che sovente facevano dei mestieri che oggi sono quasi del tutto scomparsi. Riparavano ombrelli e carabattole varie che oggi si buttano via. Venditori a parte, c’era ad esempio il cordaio. Un tempo, quando si coltivava tanta canapa, quasi ogni paese aveva degli artigiani che facevano i cordai e che fabbricavano le funi per tantissimi usi contadini. Era un mestiere duro, senza strumenti meccanici, e ci si avvaleva solo di esperienza e maestria. Questi uomini fabbricavano con sapienza delle corde robuste di vario spessore, per le stalle, per i contadini, e anche per le barche. C’è stato un periodo poi che si vendeva tanta biancheria, specie per le figliole da marito.
Il filò Vita rurale polesana
Lenzuola, asciugamani, tovaglie e fazzoletti da naso, si acquistavano anche a rate, ma erano acquisti indispensabili. La filatura non copriva tutte le necessità. Non esistevano poi i contenitori di plastica di oggi e senza dubbio l’avvento del moplen e le bagnarole dei venditori ambulanti cambiò tante cose per le donne. Prima di questa rivoluzione però era tassativo tagliare le canne lungo gli argini e nelle valli. Quest’operazione andava fatta prima della fine di novembre. Tante canne servivano per i cesti, unici contenitori a parte lo zinco. Le fascine poi avevano altri usi. La vita in campagna era comunque sempre molto dura, e lo restò a lungo. Lo era in una campagna liquida che rendeva sempre poco. Quelle mani ruvide e spaccate dai geloni però davanti a camini e lumi, recitavano il rosario, in una terra dura, ma molto religiosa.