La Rovra ha vissuto sul Delta del Po per secoli, e attorno a lei si è sviluppata una storia che ancora resiste. Si tratta in realtà, di una curiosa leggenda che si narra ancora dalle parti di Ariano nel Polesine, nei pressi della località di San Basilio.
La Rovra
Ci troviamo sulle rive del Po di Goro; uno dei rami del delta. Molti sanno che proprio qui c’era fino a pochi anni fa; una bellissima e imponente quercia secolare. Della bellissima pianta, degna del rispetto reverenziale che ci fa inchinare a cotanta maestà; parla anche il WWF. Ahimè la quercia è morta di cause naturali, ma la leggenda le sopravvive.
Questa quercia a quanto pare, era un vero e proprio monumento polesano. I locali la chiamavano appunto “la Rovra”. Si dice che Dante sia capitato proprio qui. Il sommo poeta, infatti, si sarebbe sperduto tra le terre e le acque di questi luoghi; e sarebbe salito in cima alla rovra per scrutare l’orizzonte e ritrovare il cammino perduto. Quindi la rovra un po’ magica, ha lasciato che s’intrecciasse e che si attaccasse a lei come unedera; un mito che riguarda il nostro Dante Alighieri.
La quercia di Dante
Si tratta di una vicenda mai accertata storicamente. Eppure i polesani la custodiscono ancora gelosamente; tanto che il maestoso albero, è rimasto ancora “la quercia di Dante”. Quindi secondo la leggenda popolare, Dante attraversando l’area del Delta del Po, si sia smarrito nell’intrico di acque e boschi, che all’epoca ricopriva l’intera area. Nello specifico, il monumentale esemplare di Quercus robur già allora, dominava l’argine del Po di Goro, nei pressi di San Basilio. Inoltre sappiamo che nell’estate del 1321 Dante sarebbe realmente transitato per San Basilio; ospite dell’Hospitium gestito dai Monaci di Pomposa.
Stava tornando da Venezia ed era diretto a Ravenna per consegnare un’ambasciata al Podestà Guido Novello da Polenta; padre nientemeno che di Francesca da Rimini. Parliamo della protagonista del canto V dell’Inferno. Proprio nel Delta venne contagiato dalla malaria, che lo fece morire pochi mesi dopo a Rimini.
Goro e la Rovra
Inoltre, Rovra in polesano, vuol dire quercia o farnia. La “Rovra”, cioè la farnia in dialetto polesano, è stata qui per molti secoli ed è citata per maestosità ed altezza in un atto notarile del 1538. Sappiamo che era realmente una quercia gigantesca, alta 26 metri; ed il suo tronco poteva essere abbracciato da dieci bambini o sei adulti.
Così è stato per secoli, e fino al 1976; quando venne colpita da un fulmine. La “vegliarda” resistette fino al 25 giugno 2013, quando l’albero mutilato ahimè cadde al suolo sotto il peso degli anni e cedendo le armi. Alla quercia è stata dedicata anche una mostra. Nella sala a piano terra di palazzo Roncale vi era una reliquia delle sue possenti radici; davanti alla quale si stendeva un lungo telo bianco. L’installazione si chiamava “Cortex”; realizzata dall’artista Miranda Greggio. Si praticò un’antica tecnica di pittura chiamata ‘Frottage’.
Querce millenarie
Essa si basava basata sullo principio dello sfregamento sul telo con l’erba; un processo creativo che ha saputo cogliere ogni segno della corteccia dell’albero. Così si ricavò una copia del rilievo dell’intera quercia; un’impronta simbolica che misurava 25 metri, pressappoco come la quercia.
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Molto interessante 😊