Il riso del Polesine è molto più che un alimento; è piuttosto parte del tessuto sociale dell’area. C’è acqua in abbondanza, campagne ondulate e vaste, nate da ex paludi bonificate, caratterizzate da terreni umidi e talvolta salmastri. Il riso “vive” qui da secoli, e ha quindi radici profonde nella coltura popolare del Delta.
Il riso del Polesine
Il riso del Polesine, si è impadronito del territorio, ingolosendo i palati più raffinati con il suo gusto ricco, per via dei suoli leggermente salini. L’area migliore per l’ottenimento del riso del Delta del Po, si estende dalla parte estrema della pianura padana fra le regioni del Veneto, e l’Emilia Romagna, per via di terreni formatisi dai detriti lasciati dal fiume.
Le varietà coltivate localmente sono il Vialone nano, ilCarnaroli, anche IGP, e l’Arborio, che occupano ormai un po’ tutte le tavole degli italiani. Il riso che si produce in questa zona è, per qualità intrinseche, fra i più grandi, se non il più pregiato d’Italia. Il chicco grande, lucente, compatto, ha un elevato tenore proteico e può essere sia bianco sia integrale. L’introduzione del riso in Italia è avvenuta grazie agli Arabi e gli Spagnoli. Anticamente i pastori lo seminavano negli acquitrini attraversandoli mentre viaggiavano verso la montagna.
La risaia
Lo facevano in primavera e lo raccoglievano in autunno al ritorno. Tuttavia, la coltivazione del riso nell’area risale al 1400, però la produzione vera e propria si sviluppò solo nel XVI secolo. Fu la famiglia Estense che organizzò lo sfruttamento dei terreni acquitrinosi, altrimenti abbandonati. Al riguardo, questa coltura era interconnessa alla bonifica, poiché permetteva di sveltire il processo di utilizzazione a rullo ciclico delle coltivazioni; come si evince da una legge della Repubblica Veneta del 1594.
La particolarità del microclima rese le esportazioni fiorenti. Successivamente, il prezzo del riso, tra il 1825 e il 1835, superò anche il prezzo quello del grano. Gli investimenti salirono vertiginosamente. Verso la fine dell’800, con le grandi quantità di riso orientale sul mercato, tutto cambia. L’apertura del Canale di Suez e anche la riduzione dei suoli, cambiano gli assetti del mercato. La crisi prosegue nel 1900 si riduce a circa 2500 ettari.
Riso Arborio
Oggi le risaie del Delta del Po coprono circa 9.000 ettari del territorio, dove viene coltivato un riso della varietà “Japonica”. Esso è prevalentemente del tipo Superfino, nelle varietà Carnoli, Volano, Baldo e Arborio, e con qualità organolettiche i che li contraddistinguono fortemente. Senza dubbio aldilà delle caratteristiche intrinseche del prodotto, l’influenza della coltivazione è fortemente radicata nella cultura locale, e compenetrata nello sviluppo sociale.
I terreni paludosi e malsani, trasformandosi in verdeggianti risaie, vedevano sorgere “casoni” di canna palustre. Velocemente, si sviluppò una realtà urbana rispondente alle necessità della vita quotidiana che si arricchiva, e con essa le esigenze della vita dei lavoratori stessi. Sorgevano Aie, granai, essicatoi, case più confortevoli, ma anche chiese, scuole, “osterie”, spacci di generi alimentari, e altri servizi.
Airone rosso e il riso del Polesine
Tante specie animali vivono nelle risaie, come il Beccaccino, Ibis sacro, Gru, Cavaliere d’Italia e la Volpoca. La specie simbolo è senza dubbio l’Airone rosso, che nidifica nel Delta e in settembre si trasferisce in Africa. Alimenti sono così versatili in cucina: a cominciare dall’antipasto per finire al dolce, con il riso si può preparare un pranzo intero, a patto, però, di saper scegliere il tipo giusto per ogni piatto.
Sono molte, infatti, le varietà disponibili sul mercato, ciascuna con caratteristiche proprie e con diverso comportamento in cottura. La reputazione del riso del Delta del Po, non è solo folklore, ma è cionondimeno legata anche alle fiere e sagre di paese tradizionali. Una serie di eventi enogastronomici si tengono annualmente su tutto il territorio; come le famose Giornate del riso del Delta del Po a Jolanda di Savoia (FE) e alla Fiera di Porto Tolle.